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ANTICA: RAMO NUOVA ERBORISTERIA

Di Luana Aimar

 

Campo InGrigna 2007. Le previsioni del tempo sono pessime, al rifugio Bogani ci allertano, da valle arrivano gli SMS degli amici che ci sconsigliano di entrare in grotta. Così Marzio, Antonio, Johnny ed io decidiamo di dirigerci al piano di condotte di I Ching-Antica Erboristeria a profondità -70, per concludere alcuni lavori lasciati in sospeso l’anno precedente. E’ il luogo ideale: due anni fa avevamo già preso una piena in questa stessa zona ed avevamo notato come i pozzi e i camini fossero percorsi da una bella cascata d’acqua, mentre il piano di gallerie restava completamente asciutto.

Saliamo in vetta sotto un cielo plumbeo ed arriviamo all’ingresso di I Ching quando comincia ormai a piovere. Dentro la grotta è in secca, scendiamo il P8 e il P40 e siamo già in zona operativa. Dapprima ci fermiamo in zona P40 a scendere un pozzetto (Marzio) e a fare una risalita (Antonio). Mentre ci attardiamo in questa zona avvertiamo uno strano rumore - una via di mezzo tra un sibilo e un boato - ed un camino della grotta entra in piena. Due minuti dopo anche il P40 da cui siamo scesi entra in piena ed in simultanea tutti gli altri camini e pozzi della grotta. A partire da questo momento per un bel po’ di ore non potremo uscire, ma anche questo era già stato calcolato. 

Adesso ci spostiamo in Antica Erboristeria, dove una minuscola finestra a otto metri da terra attende da anni di essere esplorata. Mi cimento nella risalita piantando ben cinque fix (!) ed impiegando uno sproposito di tempo. Entro in una saletta con stillicidio, constato che chiude ed armo per ridiscendere. Marzio mi raggiunge e scorge un ambiente esattamente sopra le nostre teste. Arrampica in libera su per una fessura sovrastata da un caminetto e otto metri sopra si infila dietro un masso, in uno stretto meandro strappatute. Torna con la notizia che la grotta continua, così Antonio e Johnny mi raggiungono ed io, preso un capo della corda, mi accingo a mia volta a risalire la fessura in libera. A metà circa mi arriva in testa una seconda ondata di piena dal caminetto sovrastante e giungo da Marzio bagnata fradicia (noi non possiamo saperlo, ma  le previsioni metereologiche si stanno rivelando azzeccatissime e fuori, sulla Grigna, si sta scatenando il finimondo…). L’armo, fatto da Marzio e me, non è dei più impeccabili e men che meno dei più veloci; ad ogni modo un’eternità di tempo dopo Antonio può finalmente raggiungerci. Johnny decide di aspettarci sotto.

Il meandro sbuca in una modesta saletta che dà su un P8 perfettamente cilindrico, ma senza alcuna prosecuzione. Sopra la partenza del pozzo però Antonio risale per qualche metro e giunge finalmente al cospetto di una verticale significativa. Il nuovo pozzo è bagnato, vista la condizione di piena della grotta, ma decidiamo di scenderlo ugualmente. Antonio procede in testa, armando, e scende 25 metri esatti fino ad atterrare su un bel terrazzo di frana. Marzio ed io lo raggiungiamo subito. Davanti una risalita di pochi metri porta sull’orlo di un pozzetto di una decina di metri al massimo, ma ciò che attira decisamente la nostra attenzione è l’ambiente di sinistra. Qui uno scivolo ripido in detrito conduce alla partenza di un pozzo molto ampio, nero, ma al tempo stesso anche franosissimo e pericoloso. Il buio oltre lo scivolo regna sovrano ovunque, e non si scorgono le pareti, ma la sua esplorazione deve essere rimandata a un’altra volta. Battezziamo il ramo appena scoperto Nuova Erboristeria e ci avviamo soddisfatti verso l’esterno. E’ mattina: il P40 ci regala una bella doccia gelata e all’uscita ci troviamo catapultati su una Grigna in versione invernale, freddissima, spazzata dal vento e completamente imbiancata da una spessa coltre di grandine. Più tardi veniamo a sapere di essere stati fortunati: i nostri compagni usciti da Topino e le Giostre  appena qualche ora prima di noi hanno dovuto affrontare il temporale in cresta, con grandine e scariche elettriche, il tutto condito da una fitta nebbia che ha fatto smarrir loro la strada del ritorno…

Antonio ed io torniamo in Nuova Erboristeria il prima possibile, questa volta accompagnati da Roby dello Speleo Club Erba, Marconi e Alberto Cozzi del Gruppo Grotte Milano e Gabriele del Gruppo Grotte Saronno. Mentre il Giovane Marconi ed io ci dedichiamo al rilievo, Roby si cimenta in una pesante opera di disostruzione del nuovo pozzo. In breve tempo rimuove quintali di roccia - incluso un masso delle dimensioni di una Cinquecento - e si può davvero dire che cambia in maniera totale la fisionomia del luogo. Quindi Antonio parte all’armo: il nuovo pozzo potrebbe essere armato con una verticale unica nel vuoto, ma questo significherebbe essere costantemente esposti alla caduta dei sassi dallo scivolo di partenza. Perciò preferisce spostarsi subito sulla destra e frazionare più volte, fino ad atterrare in una sala quaranta metri più in basso. Il pavimento digrada lentamente in uno scivolo molto inclinato, che dà accesso ad un P15. L’ambiente è ancora più ampio, e proprio quando iniziamo ad illuderci che Nuova Erboristeria possa diventare davvero profonda, un meandro strettissimo e sinuoso blocca la nostra avanzata. Non ci sono ulteriori prosecuzioni, non rimane che disarmare.

Nei giorni successivi Antonio ed io torniamo sul luogo ancora una volta, in compagnia di Carlo, Lontra e Mattia, per raggiungere una finestra sul P40 e una sul P25, ma senza ulteriori risultati. La storia di Nuova Erboristeria termina qua, ma non quella dell’Antica Erboristeria! La minuscola finestra che ci ha portato alle esplorazioni di quest’anno ci ha infatti dimostrato che è quasi impossibile dire d’aver guardato tutto di una grotta ed ogni passaggio, anche il più insignificante, può celare il mistero…